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Evento n° 456839
Data inizio: 08/08/2025
Data fine: 31/12/2025
Crediti assegnati: 3
Corso gratuito
https://stilemaeventi.it/event/tre-lezioni-sulla-guerra
La guerra, oggi più che mai, rappresenta un argomento di stringente attualità. Mentre il conflitto nel cuore dell’Europa prosegue, un nuovo e drammatico scenario si è aperto in Medio Oriente. Questa realtà impone una riflessione sulla tenuta psicologica e sulle conseguenze psichiche per chiunque ne sia coinvolto, direttamente o indirettamente. È fondamentale, inoltre, ripensare le modalità di intervento e di trattamento terapeutico alla luce di questi scenari.
Etica del conflitto e guerre fratricide
Maurizio Bettini, senza entrare nei conflitti contemporanei, propone una riflessione profonda sulle radici linguistiche e culturali del concetto di guerra. Analizzando le parole che i romani usavano per indicare il nemico – hostis come pari legittimo, distinto da inimicus, il nemico personale – Bettini ricostruisce un’etica del conflitto oggi smarrita.
Attraverso episodi tratti dall’Iliade, dalla mitologia romana e dalle memorie familiari, emergono valori arcaici in cui il riconoscimento dell’altro, anche in guerra, rappresentava un elemento nobilitante. I combattimenti narrati nell’Iliade, pur crudi e violenti, esprimevano un’ideale di valore e onore.
I romani, inoltre, distinguevano tra guerre giuste (bellum iustum) e guerre indegne, come quelle contro predoni (perduelles), rifiutando ogni legittimazione della violenza indiscriminata.
Emblematico è il racconto della guerra tra romani e albani: un conflitto tra popoli consanguinei, reso ancor più empio e contaminante dalla tragedia degli Orazi e Curiazi. Questa “guerra fratricida” antica sembra oggi rispecchiarsi nel dramma europeo, dove popoli storicamente fratelli si affrontano in un conflitto devastante.
Traumi di guerra e conseguenze psicopatologiche
Maria Silvana Patti offre un’analisi attuale e concreta del trauma da guerra, dei suoi esiti psicopatologici e degli interventi terapeutici da mettere in atto. La guerra in Ucraina ha riacceso l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale sulle conseguenze psicologiche della guerra, che non coinvolgono solo i combattenti, ma anche civili, soccorritori, giornalisti, operatori umanitari e persino gli spettatori lontani, esposti al cosiddetto trauma vicario.
Dagli studi antichi – come le osservazioni di Senofonte – ai primi approcci scientifici sul trauma psicologico (Hermann Oppenheim, fine Ottocento), la riflessione sul danno psichico legato alla guerra si è evoluta, culminando nel riconoscimento ufficiale del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) nel DSM III (1980).
Nel corso, si evidenziano le principali strategie di intervento nelle emergenze, con un focus sui bambini, spesso esposti al trauma senza protezione né strumenti per elaborarlo. La docente sottolinea l’urgenza di prevenire la trasmissione intergenerazionale del trauma, poiché società future costruite su individui incapaci di elaborare la sofferenza rischiano di diventare profondamente fragili.
Psicologia, guerra e trauma: riflessioni di Miguel Benasayag
Miguel Benasayag, psichiatra e filosofo, porta in aula un'esperienza personale intensa: da giovane militante argentino, fu imprigionato e torturato durante la dittatura. All'interno del carcere, si occupava clandestinamente di prendersi cura psicologicamente dei compagni di prigionia. Da allora, si interroga su come sia possibile curare chi è stato completamente spezzato dalla violenza.
Oggi, di fronte ai traumi dei sopravvissuti agli attentati, ai rifugiati, o ai bambini segnati dalle guerre, Benasayag invita i clinici a ripensare il loro ruolo. La figura dello psichiatra non può più offrire rassicurazioni illusorie: vive lo stesso mondo minaccioso del paziente.
La sua proposta, chiamata “terapia situazionale”, parte dal presupposto che non si può più promettere un futuro rassicurante. Al contrario, il compito del terapeuta è accompagnare il paziente in un presente complesso e inquietante, senza mentire, accettando di non avere tutte le risposte. In un mondo dove il futuro è diventato minaccia – tra crisi ecologiche, guerre e pandemia – è necessario costruire un’etica dell’esistenza qui e ora.
Come recita Beckett: "Questo è il nostro tutto". Ed è da qui che bisogna ripartire.